di Gianmario Gazzi
L’estate è finita per tutti, anche per chi in vacanza non c’è andato, ma pare che chi si candida a governare non abbia ben compreso che l’astensione dal voto prospettata non sia dovuta alla campagna elettorale al tempo dell’ombrellone.
Tutti concentrati su slogan e mirabolanti nuovi popolari miracoli, fuochi d’artificio da social, stelle cadenti di Tik Tok.
Poi però c’è la carne viva, quella da scaldare quest’inverno. Poi c’è chi il lavoro lo perderà e, se è fortunato, andrà in cassa integrazione. Poi ci saranno donne che, per Covid, Dad o semplicemente perché sono sole, dovranno rinunciare a quel lavoro. Poi ci saranno ancora migranti da soccorrere e accogliere.
Ed è qui che inizia l’inverno della politica che oggi ancora non ha compreso il cambio di stagione. Quella politica che scalda le piazze, oggi, urlando al nemico, al colpevole, all’invasore, ma che non può più evitare le domande scomode.
Le domande che le persone, tutti noi, ci facciamo. Quelle domande che, ad esempio, molti anziani soli ci rivolgono nei nostri uffici oggi perché devono scegliere se scaldarsi o mangiare. Quei genitori separati caduti in povertà: “Ma avrò ancora il reddito di cittadinanza quest’inverno?”.
Ora è facile dire: faremo, avrete, ma diteci come!
I soldi, lo abbiamo imparato bene, non si moltiplicano magicamente. I bilanci li conosciamo tutti molto bene. Se aumenteranno le pensioni, una delle promesse più condivise tra i diversi candidati, i soldi arriveranno dal Reddito di Cittadinanza?
Per fare gli sgravi sulle bollette, tagliamo gli asili nido?
Se non ci sarà più la pandemia riduciamo il Fondo sanitario nazionale dando ai privati l’onere di ridurre liste d’attesa?
Queste sono le nostre priorità e queste sono le domande che ci facciamo e a cui, come assistenti sociali, chiediamo una risposta ora. Abbiamo preparato un documento che abbiamo inviato ai partiti, in coalizione e non, che chiedono il voto. Ci risponderanno? Risponderanno alle persone di cui ci occupiamo ogni giorno? Minorenni, donne maltrattate, disabili, anziani soli, poveri, migranti, fragili per mille ragioni.
Se lo faranno, non chiediamo l’impossibile, non pretendiamo che sia “tre volte Natale e festa tutto il giorno”.
Ma che per i 5,6 milioni di poveri, o per quel milione e 400 minorenni in difficoltà o per quei 2,5 milioni di anziani soli o i 2,8 milioni di disabili ci sia la prospettiva di un domani migliore.
Non promettono tutti di migliorare il presente?
O forse sono promesse da dimenticare il 26 settembre?
Noi, comunque, ci siamo oggi e ci saremo dopo. Perché è la nostra professione e perché se i prossimi mesi saranno duri e iniqui per molti, non tolleriamo e non tollereremo che si giochi con le persone.