Ancora Bibbiano? Noi non ci siamo mai fermati lì, ma abbiamo continuato e migliorato un lavoro importante che facciamo ogni giorno per i diritti di tutti. In questa intervista di Gennaro Grimolizzi su “Il Dubbio” riassumiamo e guardiamo in prospettiva: “L’attuale mandato del Consiglio nazionale è di arrivare alla riforma della professione dal punto di vista della rappresentanza, delle regole elettorali, della formazione, dell’azione disciplinare, del percorso di laurea, delle competenze, dei tirocini. Lo facciamo per noi, ma soprattutto per le persone che affianchiamo tutti i giorni nei nostri servizi. Nessuno ci faccia più la domanda: “dov’erano gli assistenti sociali?”. Vogliamo esserci ed avere gli strumenti e le competenze, ma chi decide, ci dia la possibilità di farlo”.
“Cosa facciamo? Lavoriamo in ambiti spesso controversi e strumentalizzati, gestiamo quotidianamente situazioni di sofferenza importanti, stiamo al fianco di persone minori, giovani, adulte, anziane che spesso hanno profonde ferite, non soltanto fisiche che cerchiamo di tutelarle garantendo loro i diritti ad avere interventi competenti..”
Barbara Rosina, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali riassume in poche parole il lavoro di quasi 48mila professionisti che, in silenzio – salvo che non scatti qualche polemica spesso strumentale – sono impegnati per quello che lei definisce la realizzazione di “principi di solidarietà e giustizia sociale”.
Presidente Rosina, quanto è cambiato negli ultimi anni il lavoro dell’assistente sociale?
E’ cambiato e molto. Siamo professionisti che lavorano nella società e siamo sottoposti a continue richieste nuove, legate ai cambiamenti della società stessa. Le riforme di questi anni stanno modificando il sistema complessivo e noi siamo chiamati ad esserci per le nuove esigenze, i nuovi bisogni. Se parliamo degli assistenti sociali che lavorano nel mondo della giustizia, dopo la riorganizzazione e le nuove norme di questi anni devo constatare che siamo praticamente inesistenti nelle carceri e i 1500 assistenti sociali dipendenti del ministero della Giustizia sono ora impegnati a gestire oltre 130 mila misure esterne al carcere. E se parliamo di evoluzione demografica, dobbiamo accompagnare l’ invecchiamento della popolazione, la crescita della popolazione femminile anziana, degli stranieri, l’ aumento dei nuclei familiari costituiti da una sola persona, il calo dell’offerta di cura in ambito familiare, le persone con dipendenze da sostanze e fragilità psichiche….
Ho fatto soltanto due esempi. ma potrei farne decine. Ecco, per rispondere a queste situazioni e alle altre dobbiamo esserci ed avere le competenze giuste. Per questo, nel mondo che cambia, chiediamo di cambiare anche la nostra formazione, chiediamo la riforma della professione come atto di responsabilità verso le persone.
La considerazione e la reputazione nei confronti della categoria professionale che lei rappresenta sono mutate nel tempo?
“Sì e no.
Sì, perché abbiamo incentivato, soprattutto negli ultimi anni, a livello nazionale e territoriale, una sorta di orgoglio professionale. Sono convinta che, prima di esigerlo dagli altri, dobbiamo essere noi consapevoli del ruolo fondamentale che giochiamo nel Paese. Avendone la consapevolezza, dobbiamo pretendere che sia riconosciuto in ogni ambito e che i decisori, a qualsiasi livello, non possano prendere provvedimenti sui temi in cui operiamo senza consultarci, ascoltarci.
Sì, ci siamo riusciti anche se non completamente. Nei tavoli decisionali, nelle riforme in itinere posso dire che c’è il nostro zampino.
E no! No, perché a sproposito, per ignoranza o per mero calcolo, ogni tanto sentiamo ripetere: “Dov’erano gli assistenti sociali?”. Furti in metropolitana, rivolte in carcere dove non ci siamo, territori abbandonati da anni… ecco la la domanda. A questi signori e signore – politici, commentatori di professione, conduttori di talk tra veline e lustrini e persino giornalisti dai quali ci si sarebbe aspettata semplicemente professionalità – dico che con il nostro lavoro, dove possiamo, dove la legge lo prevede, quando i numeri sono sufficienti, insieme ad altri professionisti, facciamo la nostra parte. E loro?”.
Com’è la collaborazione tra gli assistenti sociale e gli enti locali, a partire dai Comuni?
“Alti e bassi, ma naturalmente di grande collaborazione perché i servizi sociali sono emanazione degli enti territoriali, dunque… Ma e il ma c’è, scontiamo la difficoltà nella ricognizione di bisogni dei territori, nella programmazione e nella gestione di fondi. Manca la visione, la prospettiva a livello locale e nazionale delle diffuse fragilità, a cominciare dall’invecchiamento della popolazione che ci impongono di pensare al futuro e di predisporre persone e servizi adeguati”.
Gli strascichi mediatici della vicenda di Bibbiano hanno fatto male ai servizi sociali?
“Ancora Bibbiano? Anche dopo le sentenze di assoluzione? Vabbe’…torniamo su una pagina triste della politica e dell’informazione che hanno strumentalizzato una storia facendo male alle famiglie in difficoltà, a quelle affidatarie, hanno minato la fiducia nelle istituzioni. Come Ordine, e quindi come professione, ci siamo costituiti parte civile nel processo perché se ci sono persone che hanno sbagliato la legge deve intervenire. Noi abbiamo invece avviato una importante riflessione sulle competenze dei professionisti, sui limiti del sistema dei servizi a supporto delle persone, abbiamo chiesto e continuiamo a farlo che ci sia una legge di riforma della nostra professione che preveda elenchi speciali per chi lavora in ambiti complessi come quello della tutela e del sostegno ai minori ed alle loro famiglie”.
Il Cnoas rivolge molta attenzione anche ai minori stranieri non accompagnati. Il quadro normativo attuale richiede di essere migliorato?
“Il Consiglio nazionale Ordine Assistenti sociali e la Fondazione nazionale Assistenti sociali dedicano da tempo grande attenzione al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati. Fin dall’introduzione della Legge 47 del 2017 il nostro Paese è all’avanguardia nell’attenzione e nella gestione di queste situazioni, il problema sono, eventualmente, le criticità intervenute con modifiche normative che hanno messo a rischio la possibilità di tutelare questi minori e garantire loro i diritti previsti dalle convenzioni internazionali. Noi ci siamo dove i numeri lo consentono – ricordo che non in tutti i territori del Paese è applicata la legge e il Livello essenziale delle prestazioni che prevede un assistente sociale ogni 5000 abitanti – Noi siamo a fianco di bambine e bambini, ragazze e ragazzi, da loro ascoltiamo racconti di morte, sofferenza, rischi, violenze fisiche e sessuali, vite in pericolo, sfruttamento. Ma raccogliamo anche desideri, speranze, ambizioni… Se si vogliono sanare gli errori intervenuti, bisogna che ci ascoltino”.
Cosa manda a dire ai decisori di cui ha più parlato?
“L’attuale mandato del Consiglio nazionale è di arrivare alla riforma della professione dal punto di vista della rappresentanza, delle regole elettorali, della formazione, dell’azione disciplinare, del percorso di laurea, delle competenze, dei tirocini. Lo facciamo per noi, ma soprattutto per le persone che affianchiamo tutti i giorni nei nostri servizi. Nessuno ci faccia più la domanda: “dov’erano gli assistenti sociali?”. Vogliamo esserci ed avere gli strumenti e le competenze, ma chi decide, ci dia la possibilità di farlo”.