Tre riforme e la Toscana: un modello da estendere

Siamo in Toscana, per gettare uno sguardo nazionale sul sistema integrato territoriale sanitario socio-sanitario e sociale della Regione che è un esempio di modello avanzato e positivo.

Ci siamo su invito del Croas Toscana che si misura ogni giorno con le nostre e i nostri assistenti sociali, anche nel ruolo di dirigenti,  all’interno delle aziende sanitarie e nelle aree di integrazione sociosanitaria. Ci siamo con la vicepresidente Mirella Silvani per valutare tre riforme, nate dopo la pandemia, importanti per i cittadini, disegnate e finanziate con il PNRR: la riforma dell’assistenza territoriale DM 77/22, la riforma in tema di disabilità e quella per la non autosufficienza.

“La velocità con cui le riforme prendono vita e producono effetti tangibili per le persone che vivono in questo Paese – spiega Silvani – è molto diversa a seconda dei territori in cui vengono applicate e questo è fonte di grande preoccupazione. Perché ciò non succeda è necessario che la frase ‘integrazione sociosanitaria’ assuma un significato comune e condiviso, che venga riconosciuta  pari dignità tra le professioni sanitarie e sociosanitarie, che l’assistente sociale e i nostri dirigenti siano messi nella condizione di agire anche a livello di programmazione e progettazione delle politiche per la salute e non sia soltanto vista come referente delle risposte sociali ai bisogni dei cittadini”.

Bisogna, dunque, sottolinea la vicepresidente, che il sistema sanitario rafforzi la componente sociale e che questa componente abbia incarichi di dirigenza: “Su circa 6500 assistenti sociali impegnati nel SSN, soltanto 30 hanno incarichi di dirigenza”.

Alla presidente del Croas, Rosa Barone e all’assessora regionale Serena Spinelli, davanti a una sala gremita e interessata, la vicepresidente Silvani ha ricordato che i percorsi di integrazione sono facilitati se il servizio sociale professionale è presente e ben strutturato, se numericamente adeguato negli Ambiti Territoriali e con personale all’interno delle aziende sanitarie.

“L’obiettivo comune – ha concluso  dev’essere quello di rispondere al meglio, in termini di prossimità, tempestività e appropriatezza alla richiesta delle persone, ai loro bisogni. Da parte nostra continuiamo a chiedere percorsi di formazione e specializzazione. Sul resto, è necessaria la volontà politica e l’obbligo di passare dalle parole ai fatti”.