Quando a proteggerti dalla caduta e’ la persona fragile

Fiducia, equilibrio, socialità, consapevolezza e rispetto del proprio corpo, vivere in modo sano e costruttivo, proteggere e proteggersi, essere presenti a sé stessi. Tutto ciò si perde e si offusca nelle persone con dipendenze, ma…
“Succede che sia il ragazzo o una persona arrivati per intraprendere la strada della disintossicazione dalle droghe a fare da sicura mentre fai l’arrampicata o che lei o lui guidino il tandem assumendosi la responsabilità del percorso. Il tandem ti obbliga a un rapporto a due di compromesso, che è una delle cose più difficili della vita. Rende necessario mediare con l’altro per raggiungere insieme l’obiettivo prefissato. Certo è un approccio diverso, si esce dalla comfort zone del colloquio alla scrivania, ma si viene riconosciuti lo stesso”.

Chiara Inguì è assistente sociale specialista e da quasi vent’anni lavora al dipartimento dipendenze e salute mentale di Pordenone insieme ad altri: “Ci sarebbe bisogno di almeno altre due persone perché l’attività sul gioco d’azzardo non ha in questo momento un professionista dedicato – dice  – ma ci giostriamo per riuscire a fare tutto”.

Chiara e tutta l’équipe hanno vissuto e mettono in campo da qualche anno  esperienze innovative legate all’ambiente e all’attività fisica. Percorsi di salute, sport e territorio, montagna-terapia, tandem, arrampicata…

Il progetto storico, che ormai ha quasi otto anni, consisteva nel coinvolgere i pazienti più stabili in tratti di trekking almeno una volta al mese insieme agli operatori, poi, qualche anno fa, per interessare i più giovani e ragazzi ancora indietro nel percorso, si è arrivati a lezioni settimanali di arrampicata nella palestra di roccia una volta a settimana. “Ora il progetto è in stand-by – dice – come lo è il tandem. Partendo da qui, in tandem, appunto, pazienti ed operatori sono arrivati fino a Matera!”.

Arrampicarsi, fare trekking, pedalare risolverà i problemi di chi ha dipendenze di vario tipo? “Certo che no, ma aiuta e molto – ne è certa Chiara – Riflessioni pre e post accompagnavano queste attività, come il cerchio finale che facevamo dopo l’arrampicata.  Si parla di quello che si è provato, ci si mette per una volta sullo stesso piano, non dall’altra parte della scrivania, ma, lo dico per esperienza, il nostro ruolo di sostegno alle persone fragili non viene affatto compromesso. Si possono fare tante cose, ma ci vuole la libertà per metterle in campo ed è necessario che ci siano a dirigere i servizi persone che abbiano un approccio anche sperimentale e innovativo. Chi arriva fin qui ha spesso perso la dimensione sociale della propria vita, non ha rispetto e cura del proprio corpo, non sa  cosa fare nel tempo libero. Beh, questo è stato, è, un modo per aiutare, suggerire, fare insieme”.