Scarpe bucate e tre milioni in banca. Gino sceglie, Sandra no, ma…

Ogni giorno incontro tante persone, ricoverate nei reparti ospedalieri. Le loro storie riempiono i miei quaderni di appunti che serviranno a valutare insieme a loro e le loro famiglie che tipo di sostegno mettere in pratica in modo da rendere l’uscita dall’ospedale meno pesante possibile, per sostenere realtà già difficili o diventate tali dopo un evento improvviso che cambia la prospettiva di vita.

Una situazione è stata veramente particolare e ci ha portato ad effettuare interventi che nel nostro lavoro ordinario in ACOT di solito non sono previsti e nemmeno frequenti.

Gino entra in Pronto Soccorso. Il Pronto Soccorso attiva ACOT perché ritiene essere una dimissione complessa. Ci rechiamo subito nel reparto Osservazione Breve (Assistente sociale, Medico e infermiere).

Gino è lucido e orientato, ha 76 anni, ci racconta che, mentre era in bicicletta, un’ auto l’ha urtato e cadendo, per fortuna, non ha riportato fratture. Ha escoriazioni alle gambe e dolori diffusi. Vive con la moglie, non hanno figli. Lei si trova a casa e ha solo lui. Gli proponiamo di essere trasferito per una settimana in una struttura di cure intermedie dove potrà rimettersi in sesto.

Gino risponde che non è possibile perché non vuole lasciare la moglie. Firma la dimissione e torna a domicilio.

Due giorni dopo attivano di nuovo ACOT, segnalano Gino, ritornato in Pronto Soccorso. Durante la notte, mentre stava andando in bagno è scivolato a terra dove vi è rimasto per tre ore, la moglie non è stata in grado di aiutarlo. Finalmente tramite il cellulare che gli ha passato Linda (la moglie) lui ha chiamato il 118.

Riparliamo con Gino, molto affranto e dolorante. L’atteggiamento cambia rispetto al colloquio precedente. Non riesce ad alzarsi e ha bisogno di parlare. Gino ha le scarpe con dei buchi. Mi avvicino alla barella nei locali del Pronto Soccorso, mi sussurra che è molto preoccupato. Linda è sola a casa, Linda ha la demenza e non è in grado di badare a sé stessa, non ci sono parenti da chiamare né amici. Ce la descrive oppositiva, che non vuole nessuno in casa e che non accetta nessun aiuto che non provenga dal marito. Lo rassicuro, vediamo come possiamo fare. Mi consegna il numero del cellulare della moglie e intanto provo a telefonare, due, tre volte ma invano.

Nel frattempo alcuni vicini di casa di Gino e Linda si recano in ufficio ACOT perché vogliono parlare con qualcuno ed esprimere la loro preoccupazione per la situazione, lasciano un recapito telefonico.

Dopo aver riflettuto sul da farsi non c’è altra soluzione che recarsi a domicilio per capire la situazione: Gino non sarà dimesso, non è nella condizione di tornare a casa, predisponiamo per lui un ingresso in cure intermedie.

Chiediamo al servizio sociale territoriale supporto e insieme ad un’infermiera del territorio che si occupa di persone con disturbi cognitivi ci rechiamo a domicilio dopo aver allertato una vicina di casa, siamo un medico, io come assistente sociale e due infermiere.

Il portone del condominio ce lo apre la vicina. Proviamo a suonare alla porta, ignari di chi ci troveremo davanti, considerando anche la descrizione di Linda da parte del marito.

Per non spaventarla inizialmente suono soltanto io accompagnata dalla vicina di casa che conosce bene.  Dopo vari tentativi Linda apre la porta. E’ trasandata, confusa, spaesata, in difficoltà. Le sorrido, la tranquillizzo, lei ci fa entrare, serena. Non è oppositiva né diffidente.

E’ vestita con indumenti troppo grandi, le cadono i pantaloni del pigiama e lei se li tiene alla vita con una mano. Non ha ancora pranzato, ma non sa che deve farlo. Andiamo in salotto e la facciamo sedere, non sa dove si trova il marito, non se lo ricorda. Mi fa entrare nelle altre stanze, c’è un forte odore di urina ovunque. E’ tutto molto sporco, oggetti ammassati a terra o sulle sedie. La cucina è colma di piatti da lavare, in frigorifero c’è un piatto di pasta freddo. Il bagno è inagibile. La camera ha mobili antichi e vestiti ovunque.

Le diciamo che Gino starà un periodo in una specie di ospedale e che lei può raggiungerlo così potranno stare insieme. Lei è restia, lo vuole attendere a casa. Riusciamo a convincerla. Dobbiamo trovare uno zaino per recuperare qualche indumento per Gino e per lei. Nel frattempo cerchiamo qualcosa di idoneo per Linda, ha maglie mescolate ad altre mille cose, diventa difficile formulare un completo adatto a lei. Stemperiamo il momento e sorridendole riusciamo a farla vestire con una maglia con paillettes luccicanti e addirittura le scarpe “ballerine” color argento. Linda si affida, segue le nostre indicazioni, faticando a capire che il braccio va inserito in quella manica, ma alla fine è pronta. Il medico si adopera per chiamare il medico curante e per allertare la casa di cura che arriverà la moglie di Gino e che chiediamo possibilmente se potranno stare nella stessa stanza, chiamiamo l’ambulanza che la porterà dal marito.

Dopo circa una settimana andiamo a far visita ai coniugi alla casa di cura. Sono più curati, Linda ha una camicia da notte di un fucsia acceso e una crocchia alta. Non ci riconosce, è nel suo mondo. Gino ci saluta e ci ringrazia, ha apprezzato molto il nostro lavoro. Cerco di capire la loro situazione e svolgo un colloquio seduta di fianco a lui insieme al medico.

Ci confida che in casa tiene una collezione di francobolli che ha un grande valore, che mesi prima si sono recati in casa sua delle persone che si sono finti venditori e gli hanno rubato più di 1500 euro; si vergogna di essersi lasciato truffare.

In passato hanno avuto una signora che si occupava della casa ma lui dice che Linda non la voleva più: Linda in realtà accetta qualsiasi cosa, è Gino che è reticente su tutto. Non vuole pensare ad una RSA, non vuole pensare ad un aiuto a domicilio. Lui deciderà chi assumere e di chi fidarsi: ha già in mente una sig.ra che vive davanti al loro palazzo che potrebbe aiutarli.

Gino ci pensa un attimo e poi si confida con noi: “Ho un po’ di soldi….circa tre milioni

Io e il medico ci guardiamo e cerchiamo di interpretare subito il tiro “Vuol dire tremila euro vero Gino?”

Lui ci guarda con un sorriso che la dice lunga e risponde “No no.. 3 milioni di euro, ho deciso che ne lascerò per metà ai poveri della nostra città e per metà ai poveri dell’Africa, ho un consulente finanziario che mi segue”; quel consulente che mi aveva cercato in ufficio per parlare con me giorni prima, giustamente senza far menzione di un patrimonio così importante, ma disponibile a sostenere Gino nella ricerca di personale privato per l’assistenza.

Io e il medico rimaniamo almeno cinque minuti senza fiato e senza sapere cosa dire. Gino vuole uscire dalla casa di cura e tornare a casa, non vuole nemmeno una presa in carico da parte dei servizi.

Abbiamo cercato di far ragionare Gino sul fatto che il loro patrimonio avrebbe potuto farli vivere in una situazione più dignitosa, con tutte le comodità possibili, che un amministratore di sostegno lo avrebbe potuto aiutare in questo, ma Gino è rimasto fermo sulle sue posizioni. Gino sapeva quello che voleva, Gino ha scelto la libertà di decidere quando e se cambiare le scarpe bucate e se assumere personale per rendere più pulito l’ambiente domestico.

Nonostante la nostra valutazione sia volta a sostenere e migliorare una situazione, si ferma e si arrende davanti a questa volontà, espressa con tanta fermezza e lucidità, con la speranza di poter in qualche modo incidere un minimo su queste situazioni magari in futuro se si ripresenteranno.

Gino e Linda con le scarpe bucate, ma con tre milioni di euro in banca…

 

A questo punto, tante le domande che possiamo farci come professionisti. Fino a dove arrivare con i nostri interventi?

E’ giusto che Linda viva in una situazione del genere soltanto perché decisa dal marito?

E’ invece giusto allora, sgretolare il suo equilibrio di simbiosi con il marito? Lei non si ricorda che deve mangiare, ma si ricorda che tutto il suo mondo è lui, che è lui la sua normalità da tutta una vita, che non avrebbe fatto un passo senza Gino ma. Che non avrebbe mai voluto essere in un posto diverso da quello dove si trova lui.

Ad ogni professionista la riflessione e la valutazione …

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 Marisa Volpi – Toscana