Il saluto di Federico: “Anche i cinghiali, nel loro piccolo, si emozionano”

Sono capitato in Consiglio nazionale, a Roma, per puro caso, senza alcuna esperienza ordinistica regionale precedente.

Sono capitato in una congiuntura non facile, di grande fermento. Fermento, di suo, è un termine a mio avviso prevalentemente positivo, ma in quel momento era un “fermento non facile”, un fornello aperto che rischiava di bruciare tutto. Il primo anno e mezzo ho studiato, ho capito tempi e spazi necessari, ho trovato il modo per non morire prima di nascere all’Ordine. Il primo anno e mezzo sono stato fermo e sono stato zitto. Stare fermo non è stato facile, stare zitto – chi mi conosce lo sa – per me era invece più semplice. Sono stato a sentire, ho cercato di imparare, capire e non fare danni, che non era nemmeno poco, in quel momento.

Poi sono capitati (principalmente) i sistemi informatici, la formazione continua e soprattutto la possibilità di sperimentare la mia passione, la comunicazione. Che era il tema della mia tesi di laurea e il tema su cui pensavo di poter dare il mio apporto, quando mi proposero la candidatura. La comunicazione che (specie all’Ordine) non è parlare, ma organizzare la voce di una professione. Che non è prendersi meriti, ma farsi sentire da tutti i soggetti che ci interessano, e creare i prodromi per i successi professionali, perché poi, per me, la vera vittoria è avere nella zona sociale in cui lavoro quasi il doppio dei colleghi che erano presenti una decina di anni fa.

Ed a quel punto si è alzata la velocità del lavoro in maniera tremenda, come un roller coaster che si mette in moto: per ogni cosa fatta si aprivano altre strade, ed ho lavorato, per 11 anni. Senza sosta, ma col sorriso. Nel regolamento interno che trovai quando arrivai c’era scritto che il consigliere si impegnava ad aprire la mail tre volte a settimana. Ho lavorato con mail e messaggistica aperte, sempre. In tanti anni se ne azzeccano parecchie, e tante altre se ne toppano. L’ho fatto sempre col massimo impegno e con lo spirito di servizio che deve guidare ciascuno di noi quando rappresenta una professione.

Il complimento più bello è stato di un caporedattore che ha detto che ora sapeva che la voce dell’Ordine c’era, sia nelle dichiarazioni postate sia al telefono, se servivano specifiche. Una comunicazione (il più possibile) puntuale e non di difesa, ma costruttiva, proattiva, e non solo reattiva, che c’è sui grandi temi, nel percorso che ha accreditato l’Ordine come soggetto presente nei dibattiti e spesso nelle decisioni inerenti le tematiche sociali.

Voglio ringraziare in primis i Presidenti che ho avuto, Edda, Silvana e Mario, Maria Concetta, che è stata la mia prima Presidente della Commissione Comunicazione, tutti i consiglieri (speciali, diversi di loro, lo sanno), i Direttori, Russo e Morano, tutte le splendide persone – siamo fortunati – che lavorano in segreteria, che sono state fondamentali per strutturare l’Ordine per quello che immaginavamo potesse diventare, per quello che è oggi. Il personale di Fondazione, i consiglieri regionali, attuali e precedenti, con cui ho avuto la fortuna di collaborare, Giorgi, Pisani e Fernanda Alvaro, per i continui confronti, scazzi e soluzioni, tutti i giorni, a tutte le ore, perché la comunicazione non dorme mai. Valsecchi, per tutte le telefonate fatte per andare a regime col database (e gestirlo), Carmine Silvi per tutto il lavoro fatto sui social media, Microsis.

Ricordo il video che il Maestro Camilleri ci ha donato, file che ho inserito nel sito mentre ero a Venezia con la mia compagna, tra sbalzi di linea e voglia di uscire. Ringrazio chi a casa mi ha aspettato fino ad oggi, Gladys, mamma, e chi in questi 12 anni ho visto andare via, papà, i nonni che mi erano rimasti, il mio cane Yanqui, che a qualunque ora tornassi era sempre dietro la porta.

Io, che sono il simbolo del parlare poco, non tradirò oggi questa mia inclinazione. Porgo le mie dimissioni, col dispiacere di lasciare persone speciali e con l’orgoglio della strada percorsa, perché ritengo che sia il momento opportuno e che si chiuda un ciclo, e mi fermo qua, che altrimenti sembra che stia ringraziando per aver vinto un Oscar. Continuerò ad appoggiare col cuore i miei compagni di avventura che proseguono questo percorso così forte, così totalizzante e decisivo per la professione.

Anche i cinghiali, nel loro piccolo, si emozionano. E si commuovono anche. Almeno un po’.

Un abbraccio a tutti,

Federico.

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Federico Basigli, Umbria