“Fragilità gravi e mutate, riformare la professione. Tutti d’accordo? Facciamolo”

La presidente Rosina:  I problemi non si affrontano con tour mediatici quando la cronaca chiama

“Tutti d’accordo, per affrontare le diseguaglianze sempre crescenti, servono assistenti sociali  esperti, formati e continuamente aggiornati. Ora aspettiamo che le parole sentite dai ministeri competenti, dai parlamentari di maggioranza e opposizione, dagli esperti per esperienza, portino a quello che chiediamo da anni: la riforma delle norme che regolano la professione ferme a 30 anni fa”.

Barbara Rosina, presidente dell’Ordine degli assistenti sociali tira le somme di un evento che con il titolo “La catena del cambiamento. L’assistente sociale e la sfida del sapere”, ha chiamato a discutere a Roma, i direttori generali dei ministeri di Giustizia e Salute, le onorevoli Marta Schifone di Fratelli d’Italia e Debora Serracchiani del Partito democratico, una dei due ordinari in Italia di Scienze Sociali, le rappresentanti di DiRe Donne in rete contro la violenza e di Unasam.

“Da anni noi assistenti sociali siamo chiamati a responsabilità sempre più grandi perché i bisogni dei più fragili mutano e si aggravano. Da anni chiediamo la riforma dell’ordine per rispondere al meglio alle persone che arrivano al Servizio Sociale. Vogliamo studiare le materie giuste dal primo giorno d’università, continuare a formarci, specializzarci. Non tollereremo più muri di gomma che rimandano a noi la palla di problemi enormi che non possono essere affrontati con tour mediatici quando la cronaca chiama”.

“Non l’abbiamo sottolineato, ma lo hanno fatto i nostri interlocutori – ha concluso l’evento la vicepresidente, Mirella Silvani – hanno detto tutti che l’assistente sociale è una figura centrale. Bene, se è così, perché è così, Covid, RdC, Adi, riforme disabilità, non autosufficienza…, vi abbiamo presentato le nostre proposte per essere all’altezza del mondo che cambia e delle responsabilità che abbiamo. Il nostro obiettivo è essere migliori per migliorare la vita di chi arriva al Servizio Sociale, chi interrompe questa catena dovrà prendersene la responsabilità”.