“Nessuno si senta assolto per quella morte e…per una vita”

“In quanti non hanno visto o hanno finto di non vedere che la situazione poteva essere preoccupante e che Alessia poteva avere bisogno di aiuto? Chi le stava più vicino, chi si è fatto i fatti suoi, chi l’ha incontrata, chi le ha regalato un peluche per Diana, chi festeggia per l’ergastolo… (…) .Nessuno ha pensato fosse il caso di insistere perché, chi? Servizi sociali, forze dell’ordine, strutture di sostegno alle donne, istituti religiosi, strutture sanitarie… Chiunque potesse puntare lo sguardo e intervenire su una situazione di degrado e solitudine che ha avuto la sua fine soltanto quando Diana, il 20 luglio del 2022 fu trovata morta nella casa dove era stata lasciata sei giorni prima, sola, con un biberon di latte. (…) Chi cerca il capro espiatorio, cercando di allontanare da sé ogni responsabilità, se la prenderà con noi assistenti sociali, con gli psicologi, con l’insegnante di sostegno, con i medici, con il Comune. Noi non lo facciamo”.
Scriviamo dopo l’ergastolo ad Alessia Pifferi, la donna riconosciuta colpevole della morte di sua figlia Diana. Scriviamo, dopo averlo fatto nel luglio di due anni fa, ripetendo che nessuno si può sentire assolto per quella morte e forse neanche per la vita della trentottenne ora rinchiusa a San Vittore.
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