Se politici e media dimenticano le persone: il blog su Huffingtonpost.it

Gli occhi dei politici e dei media sono puntati sulle caselle dei sottosegretari, sulle diatribe interne ai partiti, sui piani da riscrivere e sulle riforme da riformare, sui ristori e sulle zone colorate da allargare o restringere, su permessi e divieti.

C’è un bel pezzo di Paese che a tutte queste cose non dà spazio perché la quotidianità fatta di difficoltà antiche e aggravate non lascia tempo ed energie. Non so se questa Italia sa che c’è un nuovo governo con  -alcuni -nuovi ministri, con una nuova maggioranza e soprattutto con un nuovo presidente del Consiglio. Quel Mario Draghi che secondo sondaggi che – chissà se hanno coinvolto proprio tutti – sarebbe gradito a quasi sette italiani su 10.

Noi, con la nostra comunità di 45mila assistenti sociali, impegnati oggi come ieri e come l’altro ieri – con il Governo Draghi, ma anche con quelli Conte o, a ritroso, Gentiloni, Renzi, Letta… – sullo steso difficile fronte, non possiamo non notare che politici e media vecchi e nuovi hanno dimenticato le persone.

La povertà con tutti i suoi volti è già materia di scambio governativo tra chi vuol abolire il reddito di cittadinanza, chi vuol modificarlo e chi ancora lo ritiene la soluzione a tutti i mali.

Gli anziani e le persone con disabilità passano davanti alle telecamere dei telegiornali soltanto se aumentano il contatore dei vaccini o meno. E chissenefrega se poi rimangono sole in casa o se non possono aver assistenza o luoghi di riabilitazione.

Era facile prevedere una rimozione collettiva del “nessuno resti indietro” se poi “indietro” ci sono sempre gli stessi, quelli che un po’ dovrebbero essersi abituati ad essere gli ultimi della lista.

Ma noi ci crediamo davvero a quello sfortunato slogan ed eccoci a rifare le stesse domande e a ricercare le possibili soluzioni.

E all’estenuante ripetersi della necessità di infrastrutture noi aggiungiamo, senza contrapporle, quelle sociali e di cura ribadendo, senza tema di essere smentiti, che questo significa investire sulle donne.

Molte di loro sono professioniste del settore – assistenti sociali, infermiere, medici, psicologhe – per essere chiari, vent’anni di austerity sui servizi ha penalizzato loro (soprattutto se giovani).

Indirettamente costruire i servizi che mancano o sono stati tagliati significa permettere alle donne di non dover rinunciare al lavoro o alla carriera perché, al contrario di quanto auspicato, nel nostro Paese oggi il Welfare familiare grava su di loro.

E qui veniamo a un altro punto fondamentale. Solo rinforzando i servizi e non elargendo i soliti bonus, assegni e indennità potremo far uscire molto lavoro sommerso e sfruttato. Oggi continuiamo a dare miliardi di euro per assegni che sappiamo finiscono in lavoro nero di assistenza: senza tutele per nessuno.

Lavoro nero che si combatte anche riformando il reddito di cittadinanza, ma consapevoli che serve un reddito per chi scivola in condizioni di povertà.

Chi non è ancora convinto che si stia parlando di investimenti e politiche di sviluppo (non solo economico) parlando di Welfare dovrebbe ricordare anche che dare un tetto a chi dorme per strada o protezione ai bambini violati o picchiati significa sicurezza di tutti. Non si protegge sgomberando o ignorando, ma accogliendo e tutelando.

Nei mesi scorsi ero intervenuto, polemicamente, per richiamare il Governo a fare delle scelte politiche vere e concrete. Qualcosa si è colto e qualcos’altro si è impostato.

Misure e scelte che non sono secondarie, anzi, tracciano finalmente una direzione per definire un Welfare a favore delle persone.

Nel frattempo si sono scompigliate le carte, l’ottimismo si mescola alla preoccupazione mentre la paura del futuro incerto si intreccia con la fiducia di essere protetti dalla nostra società.

E’ tempo di tornare a posare lo sguardo sulle donne, gli uomini, le bambine e i bambini in carne ed ossa. E’ il tempo del fare, per le dichiarazioni possiamo aspettare.

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