Quando arrivai al Servizio Sociale, fu uno dei primi casi di cui mi occupai: la mamma di Mauro era appena stata inserita in struttura e lui andava a trovarla tutti i giorni chiedendo continuamente di riaverla a casa.
Mauro era un uomo la cui età, se non la controlli in anagrafe, sicuro che non la indovini: cresciuto in campagna, aveva dei modi rudi ma uno sguardo dolce e tenero.
Mi fu descritto come un caso complesso: una persona con un evidente ritardo mentale, non scolarizzato che parlava un dialetto stretto e di difficile comprensione persino per i compaesani. Pensate la difficoltà di una giovane assistente sociale appena arrivata dal Sud – quella ero io – nella pianura adana.
Veniva tutte le settimane in ufficio e chiedeva sempre di me … della “SIGNURINA”- I primi tempi lo temevo, non capivo nulla di quello che mi diceva e spesso le nostre conversazioni si concludevano con un suo bonfocchiare dopo avermi mostrato stizzito il suo portafoglio vuoto.
Ci misi del tempo ma, a poco a poco, mi accorsi di riuscire a comprenderlo e di essere diventata un punto di riferimento per lui.
Amava i gatti e mi chiedeva di aiutarlo perché doveva nutrirli e lui li amava infinitamente: la sua casa era diventata una colonia per loro e lui il loro padre benevolo.
Le sue condizioni igieniche erano sempre più scarse e la casa, ormai trascurata da quando la mamma era in struttura, non era più in grado di garantirgli sicurezza, calore e pulizia.
Lo convinsi ad andare almeno una volta alla settimana nel nostro centro di accoglienza. Marisa la colf, lo conosceva bene, e lui che la chiamava la ”vedova” si affidò a lei come un figlio che ritrova le cure amorevoli di una madre.
Mauro si innamorò di quel posto e quella volta alla settimana si trasformò in due, poi in tre fino a quando decise, vedendo un posto letto vuoto, che quella sarebbe stata la sua casa.
Non abbandonò mai i suoi gatti, andava tutte le mattine a portare loro gli avanzi o le scatolette che comprava con la sua paghetta e che nascondeva sotto il letto per paura di essere sgridato.
Aveva due grandi amori Mauro: la sua mamma e i suoi gatti. Per questi ultimi morì lungo strada verso casa, una mattina di nebbia fitta.
Lasciò un vuoto incolmabile in noi operatori che da lui imparammo a dare tempo e fiducia ai nostri utenti e alla sua mamma che lo raggiunse due giorni dopo…. chissà forse preoccupata della sua assenza!
G.B. Emilia Romagna
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Le storie pubblicate sono testimonianze dirette o raccolte, di vicende personali e/o professionali degli assistenti sociali. Non hanno la pretesa di essere esempi universali, né di suggerire soluzioni, ma di raccontare, per chi scrive, cosa significhi questo lavoro. Nelle emergenze nazionali e mondiali e nella quotidianità che, per questa professione, è sempre emergenza.