Lavoro da dieci anni al Comune di Napoli ed ho una pregressa esperienza nel Terzo Settore non soltanto nella mia Regione.
Ho sempre esercitato con passione e dedizione la professione, cercando di mantenermi costantemente aggiornata e di applicare nel concreto le nozioni che apprendo durante la formazione.
Nell’ultimo periodo sono caduta in una profonda crisi professionali, crisi nata a seguito di una serie di attacchi sferrati contro la mia persona da un uomo che ho avuto in carico per circa un anno e mezzo. La persona in questione, persona facoltosa, oltre ad avermi fatto numerose denunce presso i competenti organi (probabilmente tutte archiviate perché non mi risultano processi a carico) si è avvalsa dei social per avviare una compagna diffamatoria nei miei confronti, facendomi delle accuse molto gravi. Inoltre, è stato ospite presso una trasmissione a diffusione locale, in cui ha reiterato le calunnie ed ha fatto esplicito riferimento al mio cognome. Due mesi fa ho cercato di difendermi e l’ho denunciato per diffamazione.
Dopo questi avvenimenti, mi sono interrogata molto sul senso del mio lavoro e ho vissuto un sentimento di profonda frustrazione poiché sento che in questa fase storico-politica la figura dell’assistente sociale viene spesso demonizzata soprattutto quando si opera nel campo della tutela dei minori. La cittadinanza e non solo, non ci percepisce come dei professionisti che fanno al meglio un lavoro complicatissimo, che hanno una lunga formazione universitaria e post-universitaria, ma come delle arriviste, folli e corrotte che agiscono per distruggere le famiglie.
La politica ci mette lo zampino, i media cercano il titolo che attrae.
Non è chiaro il concetto che l’assistente sociale agisce nel prioritario interesse del minore e che spesso l’allontanamento viene effettuato – su decisione dei giudici – quando il genitore oltre ad adottare una condotta pregiudizievole nei confronti dei figli, non ha accettato o è stato refrattario a qualsiasi progetto di sostegno che gli sia stato proposto. Mai che qualcuno guardi dietro l’evidenza, rarissimo che qualcuno sottolinei a quante bambine e quanti bambini siamo riusciti ad assicurare un’infanzia più serena di quella a cui erano destinati…
Dopo molto tribolare però sono arrivata alla conclusione: io non mi arrendo, non mi fermo e soprattutto non torno indietro.
Continuerò a lavorare con etica, passione e dedizione e cercherò sempre di agire per la tutela delle fasce deboli e delle persone fragili. Perché questa è la nostra missione.
Grazie per averci coinvolto.
M.D. Napoli
*Le storie pubblicate sono testimonianze dirette o raccolte, di vicende personali e/o professionali degli assistenti sociali. Non hanno la pretesa di essere esempi universali, né di suggerire soluzioni, ma di raccontare, per chi scrive, cosa significhi questo lavoro.