In ricordo di Dalia, persona speciale, dal suo Presidente (di cosa?)

Conobbi Dalia 15 anni fa, forse anche di più. Io ero ancora un co.co.co., lei vestiva i suoi settanta e passa anni con la non curanza di chi all’età non dà peso. La parrucchiera, il trucco, le amiche, la visita al mercato settimanale, i caffè in piazza, dove ha sede il Comune.

Aveva tanti amici, ma sapeva anche che quelli veri erano pochi, e che i parenti erano lontani, sia di grado che di vicinanza. L’unico parente vicino era il fratello (di padre) che viveva nella casa a fianco della sua. Per problemi suoi l’uomo era poi entrato in una unità di convivenza, ma in quel periodo fu lui che involontariamente ci fece conoscere. E poi Dalia la vedevi sempre in giro, a fare spesa, a salire in centro al paese, a cercare il gatto che le usciva da casa, a dirti di quello e di quell’altro.

Ripeteva le cose più volte, ed ancora ed ancora.

“Ti ho mai raccontato del gatto che mi ha portato la Zoe, la mia veterinaria?”,

“Dalia, si, ma sono di corsa, devo andare in Tribunale”,

“Aspetta signor Presidente, fammi dire, avrai mica da fare? Tanto decidi tutto tu, qua!”.

Non ha mai preso un appuntamento in vita sua, veniva quando le pareva e se c’era qualcuno aspettava, ma i suoi dieci minuti li voleva.

“Guardami ‘sta bolletta”,

“Dalia, vuoi che te la pago pure?”,

“Eh, quasi quasi. Tu qui poi sei il Presidente, sei ricco, potresti anche farlo”.

Col passare del tempo era chiaro che le servisse un aiuto in più. Le attivai un’ assistenza domiciliare. Sarà stato 10 anni fa, aveva già passato i 75. Casa, piccolina, due piani, piano terra cucina e soggiorno, piano superiore stanza da letto e bagno, tenuta un gioiellino.

L’operatrice domiciliare era la sua migliore amica o una lavativa, a seconda della giornata.

“Mi puoi cambiare la donna che viene? Non fa niente!”

“Ma Dalia, hai casa che splende. E se non pulisci tu secondo te chi è che la tiene a posto? Comunque se vuoi passo giù la prossima settimana quando c’è anche lei e vediamo di sistemare le cose”

“Presidente, a parlare con te è tempo perso.

(pausa) (occhi che ridono)

Allora vieni martedì?”.

 

Quando Rai3 decise di girare un servizio sul lavoro degli assistenti sociali, mi chiesero se avessi potuto fare con loro una visita domiciliare da qualche persona. “Dalia, ti dispiacerebbe se venisse un giornalista con me un giorno?”. “Dimmi quando, così faccio i capelli, Presidente”. Quando arrivammo con la troupe si mise a scherzare con loro, fino a che durante il servizio disse seria seria, così seria che mi ero quasi preoccupato, che il suo assistente sociale era bravo. Poi fece una pausa scenica. Ed aggiunse che però la trascurava un po’. E rise. E ridemmo tutti, lei, io, il giornalista e la troupe, che poi si fermò 20 minuti a sentire i suoi aneddoti giovanili. Io li sapevo a memoria, ma era un piacere vederla mentre li raccontava.

 

Poco prima del Covid Dalia iniziò ad avere più difficoltà a ricordarsi le cose. Alzai il numero di ore di assistenza domiciliare. Quando ebbe febbre alta parlammo col dottore, fu ricoverata ed in pericolo di vita, ma mica poteva finire così.

Tornò a casa, trovai assieme alle associazioni una persona che privatamente la potesse aiutare anche di pomeriggio, ma le dissi che a mio avviso serviva una persona in più che ci desse una mano: un amministratore di sostegno che la seguisse nelle faccende burocratiche. Strinse le spalle: “se lo dici tu, Presidente”, e così scrissi. Venimmo convocati. Entrammo nella stanza del giudice, una donna dai capelli blu. Dalia la guardava, la guardava. Ed io temevo, speravo che non lo dicesse. Ma Dalia era furba. Quando la giudice si mise a scrivere lei sillabò muovendo le labbra, girata verso di me per non farsi vedere: “Sei sicuro che è un giudice?”.

La portai poi a prendere un cappuccino, dopo l’udienza. “Ma ti pare i capelli in quel modo?”

“Dalia, a parte che è una professionista veramente in gamba, ma anche tu allora hai sto color carota in testa da 10 anni!”, “Presidente, ti piacerebbe avere i capelli, eh”.

Gioco, partita, incontro.

Le presentai l’amministratrice di sostegno, era novembre dello scorso anno. A dicembre cadde in casa la sera e la ritrovò l’operatrice domiciliare sul pavimento la mattina dopo. Fu ricoverata e mano a mano la situazione peggiorò, costringendoci al ricovero in una residenza protetta. La tempra di Dalia l’ha fatta resistere fino al 30 ottobre. Le abbiamo organizzato il funerale e trovato il loculo.

Ad agosto mi chiamò una sua parente di Roma perché era salita al paese e non l’aveva trovata a casa, e dei vicini le avevano suggerito di contattare me. Le spiegai brevemente. Mi disse che comunque prima di fare si doveva avvisare. Le dissi che aveva ragione e che anche io ero arrabbiato con Dalia perché a dicembre non aveva avvisato prima di stare male. Temo la signora non abbia colto l’ironia, ma sono sicuro che questa risposta sarebbe piaciuta a Dalia.

Mi sono immaginato un suo “Bravo Presidente, e poi questa mi è sempre stata antipatica, sai?”.

Certe volte certe persone ti sembrano quasi di famiglia, e per me Dalia è stata una sorta di nonna aggiuntiva, da conservare con la massima cura. Certe volte si fa un lavoro che ti lascia dentro tante cose e ti fa ringraziare di avere l’opportunità di incontrare persone speciali. Non capita spesso, è vero, ma se una cosa è speciale è proprio perché non capita spesso.

Dalia e le sue storie del gatto della Zoe, del vicino rumoroso, della vicina che stava male, dell’operatrice che veniva sempre col cappello.

Se ha un senso salutarci proprio nei giorni dedicati ai morti, lo sai: io ti ricorderò.

Il tuo Presidente (di non si sa cosa).


Federico Basigli. Umbria